Il progetto per l’Elba

 La sezione ISOLA D’ELBA e GIGLIO di ITALIA NOSTRA ha come missione il perseguimento degli obiettivi che l’Associazione si pone dal momento della sua nascita: la tutela dei beni architettonici, artistici ed ambientali del territorio di competenza.

Da un recente dibattito tra i soci della sezione è scaturito un progetto di ampio respiro, in particolare per l’isola d’Elba, indispensabile, all’interno della suddetta missione, per tracciare una linea di sviluppo socio-economico e culturale che possa “ricompattare” tutte le risorse disponibili.

Non ho ancora pensato al titolo che attribuiremo al progetto, ma ho perfettamente chiaro di che cosa esso si dovrà nutrire.

Anzitutto mi sento di battezzarlo   come un progetto di recupero “culturale”, dove il concetto di “cultura” deve essere letto in senso antropologico: non solo la cultura scritta, alta, ma  anche la cultura popolare, gli usi e i costumi, le abitudini di vita, le peculiarità dei singoli paesi, delle singole località, dei singoli personaggi.

Tutto deve essere catalogato, recuperato e messo a fattor comune, affinché niente e nessuno si possa sentire escluso; perché un domani nessuno possa ritenere che il progetto privilegi un comune piuttosto che un altro.

Un secondo punto del progetto riguarda la nostra identità: oggi si parla molto della perdita dei valori base della vita e ci lamentiamo di fare poco per il loro recupero. Ciò avviene anche per l’identità. Ma in effetti sappiamo definire esattamente la nostra identità?

Dopo la guerra, negli anni ’50,  l’Elba viveva di agricoltura e di miniere ed il turismo muoveva i primi passi in forme elitarie e di nicchia; quella  generazione era molto radicata sul territorio, ma in genere non colse l’importanza del turismo, subendolo passivamente, quasi con un certo “fastidio”, impedendo alla successiva di comprenderne a sua volta la strategicità, mentre molti lasciavano, incoraggiati a farlo, l’isola .

Non investendo sul nuovo o abbandonando, si è permesso che il “globale” penetrasse nel “locale” e provocasse un progressivo processo di “deterritorializzazione”; la frammentazione amministrativa, poi, è stata il maggior acceleratore negativo di questo processo, enfatizzando la nascita e la proliferazione di un’identità a macchie di leopardo.

Si sono perse, via via, le tradizioni a favore di un’identità “fai da te” improvvisata, che fornisce un’illusione di autenticità, ma che poi naufraga a causa della sua stessa pochezza, sia in termini di contenuti che di risorse.

Ecco, dunque, la necessità di un recupero preciso della nostra identità, anche qui andando a classificarne le componenti realmente autoctone e declinandola secondo una visione di processo di modernizzazione oramai ineludibile.

All’interno di un processo generale che, fortunatamente, sembra interessare molti, in questo momento, anche noi, dunque, dobbiamo capire se siamo ancora capaci di memoria; se, in pratica, sappiamo consegnare alle nuove generazioni le esperienze passate e valorizzare quelle presenti ed attive.

La memoria non è sinonimo solo di “sapere”  ma attraversa campi più sottili, dalla mappatura del DNA alla testimonianza della realtà, come più volte si sente ripetere da alcuni scrittori contemporanei.

Il nostro progetto ha l’ambizione di far diventare la memoria il patrimonio di tutti gli elbani, in un quadro di recupero più generale.

E’ sul “senso collettivo”, ancora piuttosto scarso, che si deve lavorare e noi vogliamo dare un modesto contributo nello specifico.

Staremo anche molto attenti a blindare il messaggio che passeremo attraverso il sottoprogetto di Comunicazione che vogliamo implementare: è, infatti, molto probabile che per un dannoso e diffuso pregiudizio si recepisca il messaggio che la memoria è qualcosa che appartiene solo ad una “élite” culturale.

In realtà perseguiamo l’obiettivo contrario: fermare la memoria su un tempo, su un luogo, in un certo periodo storico, per poi dilatarla e proiettarla sul presente, farla “accomodare” sul treno in corsa dell’accoglienza, sia in prima che in seconda classe.

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