Prefazione e intervento del nostro socio Beppe Tanelli, geologo, Universita’ di Firenze

Le Terre del ferro elbane sono protette dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, e  i tempi sono maturi affinché con il Parco Nazionale che entra nella rete dei Geoparchi europei ed in quella  dei Geoparchi dell’Unesco, non si dimentichi l’Uomo della Miniera e la flebile luce del tizzone che illuminava il suo cammino verso Calamita e verso Le Conche di Rio.”

La voce narrante è “ Felippo”. Egli narra un cammino nello spazio e nel tempo, lungo  le gallerie e i gradoni delle miniere di ferro dell’Isola d’Elba, dalla Terra di Rio a Calamita, durante gli ultimi decenni della loro storia estrattiva. Ci dice di cosa erano fatti i giacimenti: ematite, magnetite, pirite, limonite e poi tanti “scherzi” mineralogici che fanno dei giacimenti elbani un patrimonio naturalistico unico di risonanza mondiale. Descrive le tecniche con le quali si scavavano pozzi, gallerie e fornelli, ma poi e soprattutto, come ci dice il narratore : “… consentitemi di parlare di coloro che dovevano lavorarci”. Ed allora si scopre il cuore del libro, segnato da coinvolgenti avvenimenti di vita vissuta e grandi emozioni che si intrecciano, in un incalzante ed elegante divenire narrativo. Ed incontriamo così  Giampiero, tradito dalla “puletta “ di ferro; Benito, ormai emigrato in Australia, che da ragazzo con gli asini faceva il giro dei cantieri per portare l’acqua da bere; Adilio e Alvaro che nel  1955 recitarono nel film “Ritrovarsi all’alba”, girato nella miniera di Calamita. Incontriamo Alfeo Ricci e la sua stupenda collezione di minerali, e i tanti  personaggi che alla fine degli anni settanta parteciparono alle manifestazioni per tentare di impedire la chiusura delle miniere. Ma poi giunse quel giorno del 1981  quando l’Uomo della miniera chiuse dietro di se il cancello del pozzo del Ginevro. Finiva così la storia estrattiva dei giacimenti a ferro dell’Elba. Una storia  che era iniziata quasi tre mila anni prima, quando attorno al IX-VIII sec.A.C, arrivarono le conoscenze, acquisite alcuni secoli prima nel Vicino Oriente, sulla metallurgia del ferro: l’arte di estrarre il metallo dai suoi  minerali e di legarlo ad un po’ di carbonio per ottenere l’acciaio. Con la chiusura delle miniere, gli ammassi ferriferi e gli opifici minerari, divennero “giacimenti culturali”, contenitori di un patrimonio materiale ed immateriale: naturalistico, storico e sociale, di risonanza internazionale. Un prezioso volano di iniziative ecoturistiche, in un’Isola che nel turismo aveva trovato la sua primaria fonte economica.  Oggi l’Elba, ci dice il narratore: “.. . non è più l’Isola del ferro e del fuoco, ma quella del mare e del sole. Certamente un’immagine più bella e un modo di vivere che rispetto ai tempi passati ci fa tutti signori”. Le  Terre del ferro elbane sono protette dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, e  i tempi sono maturi affinché con il Parco Nazionale che entra nella rete dei Geoparchi europei ed in quella  dei Geoparchi dell’Unesco, non si dimentichi l’Uomo della Miniera e la flebile luce del tizzone che illuminava il suo cammino verso Calamita e verso Le Conche di Rio.

Beppe TanelliUniversità di Firenze e socio di Italia Nostra sezione Giglio Elba

Tratto da Elbareport

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