Italia Nostra

Modifiche alla legge regionale 11 dicembre 1998, n. 9 (Norme per la difesa del suolo).

Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa e degli abitati costieri

Dell’erosione dobbiamo tenere conto per i suoi gravi e drammatici, effetti ambientali, paesaggistici ed economico-sociali.
La Toscana ha più di 190 chilometri di litorale e, di questi, più di 70 sono sotto erosione. All’ini-zio del 2000, si erano perduti più di 220 mila mq di costa.
All’erosione contribuiscono i bilanci sedimentari negativi, la subsidenza (causa naturale e antropica ad un tempo) e la costruzione di manufatti in mare (tra questi anche le opere rigide intese a difendere la costa dall’erosione stessa) che, alterando il moto e l’energia delle onde e il percorso delle correnti litoranee, alterano la fisionomia del processo trasporto-deposito-asporto dei sedimenti. Il loro effetto è reso più critico per l’innalzamento del livello del mare – che accresce sensibilmente l’energia erosiva e imprime al ciclo di erosione nuova fisionomia e nuove dimensioni – e per i sempre più frequenti devastanti fortunali dovuti ai cambiamenti meteo-climartici.

Il fenomeno non è solo italiano. Un’indagine svolta dall’ENEA – “Italia sott’acqua in 18 siti. Data report 2000” – rilevava che entro il 2100, gran parte delle coste dell’area mediterranea, e in particolare di quelle italiane (18 siti) sarebbero stati sommersi e, contemporaneamente, si sarebbe verificato un innalzamento medio del livello del mare di 20-70 centimetri. Uno studio successivo, “Progetto VECTOR 2007 – ENEA”, condotto con la collaborazione dell’Università di Canberra, con dati più aggiornati, prevedeva che, alla stessa data, sarebbero stati 33 i siti sommersi in Italia e che il livello medio del livello del mare salirebbe salito fino a 143 centimetri. Secondo il “Cambiamento climatico nel Mediterraneo”, uno studio dell’Istituto di Oceanografia spagnolo, dall’inizio del 2000, il livello del Mediterraneo, divenuto più caldo, è cresciuto di 20 centimetri.

La Comunità Europea, che è impegnata nella salvaguardia delle coste con numerosi programmi e ingenti finanziamenti, raccomanda una gestione (anche al di là dell’unità fisiografica), coordinata, progettata e condotta da organismi sovraordinati, partendo dalla convinzione che “la gestione integrata è una delle principali componenti del concetto di sviluppo sostenibile” e che “la comprensione della dinamica del margine costiero è il fattore chiave nella gestione dell’erosione costiera”.
La Gestione Integrata delle Zone Costiere (GIZC) non si riferisce alla sola gestione integrata burocratico-amministrativa, ma tiene conto che il profilo di una costa dipende dal rapporto di interdipendenza ed integrato (prossimo e remoto) di vari elementi: il suolo, le acque (e il loro bacino idrografico), gli habitat, i manufatti costieri ed aggettanti in mare, le opere di difesa… Per questo raccomanda una gestione integrata (dalla terra al mare) dei sedimenti, estesa ai bacini idro-grafici e fisiografici, alla cui deficienza è dovuta in gran parte l’erosione delle coste.

Il progetto Eurosion si basa sul presupposto che la comprensione della dinamica costiera è il fattore chiave nella gestione dell’erosione e che l’evoluzione, anche a breve termine, dovuta alle opere di difesa e a quelle aggettanti in mare e l’effetto “urto” sulle stesse, determinano effetti negativi. Viene ribadito quanto da tempo è ampiamente noto nel mondo tecnico e scientifico (e non solo): che la causa dell’erosione è negli interventi nei bacini idrografici e nella pressione antropica, soprattutto quella esercitata mediante strutture aggettanti a mare (barriere frangiflutti, pennelli, dighe, massicciate, moli, porti), aggressione ai delicati equilibri che presiedono alla costituzione e alla evoluzione delle spiagge: aggressione caotica e quasi sempre non governabile per l’insieme di reazioni che sollecita.
La gestione integrata di tutti gli elementi che determinano l’assetto e l’erosione del litorale (mare, suolo, fiumi, coste), deve essere realizzata attraverso un sistema non frammentato di processi decisionali e gestionali, che tenga conto di tutti gli aspetti (sociali, ambientali, culturali, storici ed economici) degli attori e degli utenti.
Si esclude la realizzazione di porti, approdi turistici, moli su coste basse e sabbiose. Qui, per l’incapacità dei moli a evitare l’insabbiamento dei fondali e dell’imboccatura, si ricorre al dragaggio e spesso si progettano costose e pericolose soluzioni basate sulla costruzione di altri moli diversamen-te localizzati e orientati, la cui utilità per evitare l’insabbiamento è tutta da dimostrare, ma di cui è certo l’effetto erosivo.
Ma anche il dragaggio può avere effetti nocivi: modifica la morfologia del fondo marino, altera l’ambiente biologico distruggendo ogni forma di vita (sia animale che vegetale), provoca un aumento di materiale in sospensione determinando così una riduzione della trasparenza e della radiazione luminosa necessaria per la fotosintesi a cui segue un aumento del carico eutrofizzante. Infine, l’approfondimento del fondale rispetto alle aree circostanti può dar luogo a correnti marine che possono, anch’esse, provocare danni ai litorali circostanti.

Vogliamo ricordare che anche per la Direttiva 2001/42/CE, di tutti gli interventi in mare e sulla costa, si debbono considerare tutti i “possibili effetti significativi (compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi) sull’ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l’acqua, l’aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l’interrelazione tra i suddetti fattori”.
In considerazione dell’importanza e degli usi multipli della costa tutte le direttive e le raccomandazioni internazionali ed europee concordano nel raccomandare,nella pianificazione e gestione della zona costiera, un processo partecipativo che tenga conto dei contestuali fattori culturali, sociali ed economici. Raccomandano altresì l’istituzione di sistemi di monitoraggio dell’ambiente costiero come parte del processo di gestione della costa, utilizzando parametri fisici, chimici, biologici, economici, sociali e culturali, e la loro pubblicità.
A questo proposito, vogliamo ricordare che l’articolo 14 del “PROTOCOLLO sulla gestio-ne integrata delle zone costiere del Mediterraneo” (GUE L 34/19 del 4/ 2/ 2009) recita: “Al fine di garantire una governance efficace nell’intero processo di gestione integrata delle zone costiere, le parti adottano le misure necessarie per garantire l’adeguata partecipazione dei vari portatori di interesse, e segnatamente:

  • delle collettività territoriali e degli enti pubblici interessati;
  • degli operatori economici;
  • delle organizzazioni non governative;
  • degli attori sociali, e
  • dei cittadini interessati,

alle fasi di elaborazione e attuazione delle strategie, dei piani e programmi o progetti per le zone costiere e marine, nonché al rilascio delle varie autorizzazioni. Tale partecipazione prevede, in particolare, il ricorso ad organi consultivi, indagini o audizioni pubbliche, e può assumere la forma di un partenariato.

È da rilevare ancora che, a fronte dell’erosione di consistenti porzioni della nostra costa con intervalli temporali sempre più ravvicinati, gli interventi proposti ed attuati sono sempre “pezze” che a stento e per poco rattoppano il problema che puntualmente si ripresenta e si manifesta in altra parte del litorale. Poiché il litorale è uno, e un intervento in un punto, spesso esporta l’erosione in un altro, è necessario definire una comune e unitaria strategia di gestione e intervento per l’intera costa toscana, superando l’attuale frammentazione di competenze tra province e vari assessorati regionali. Per questo, dal PIT recentemente approvato, dovrebbe essere tolto il master plan che consolida l’attuazione di opere programmate e progettate in altri tempi e responsabili di molti guasti.

Tutte le attribuzioni, che nell’attuale proposta di legge sono attribuite alle Province (che, oltretutto, non esistono più), debbono essere conferite alla Regione. Di ciò si tenga conto nella formulazione dell’art.1 e art.2.
Alla regione deve essere attribuita la gestione (tecnica, amministrativa e burocratica) unitaria, intera e diretta delle coste.
Per quanto riguarda l’art.5 (inserimento dell’art. 16 ter) si sopprima il comma 2.
Per quanto riguarda l’art.6 (Conferenza permanente per la tutela della costa) si chiede che il comma 3 venga sostituito dall’art.14 del Protocollo sulla Gestione Integrata delle zone costiere del Mediterraneo.

Il Presidente
ing. Antonio Dalle Mura

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