Per il restauro della Cappella ai Caduti della I Guerra Mondiale
INSIGNE ARCICONFRATERNITA del SS. SACRAMENTO a Portoferraio
Luogo privilegiato dell’omaggio ai caduti di tutta l’Elba
in una città nelle cui tradizioni vive la salvaguardia della propria immagine

Spesso, per non dire sempre, le piccole città della nostra Toscana conservano punti d’interesse insospettati e Portoferraio non fa eccezione. Ci riferiamo, qui, per non citarne altri pur meritevoli di essere ricordati, alla Confraternita del SS. Sacramento. Fondata nel 1551, essa tramanda il nome di Cosimo I de’ Medici, che la volle solo tre anni dopo aver edificato la città attraverso l’opera dei suoi migliori architetti. Ne fu la prima sede la chiesa parrocchiale, con l’altare di S. Liborio, che presto si rivelò inadeguata ad accogliere i confratelli, dai quali fu decisa dapprima la costruzione di un oratorio esterno alla stessa parrocchiale e successivamente di una chiesa più capiente, dedicata all’Assunzione della Madonna, quale oggi possiamo vederla nelle sue linee essenziali.

Lo zelo tradizionalmente esercitato nel culto e nell’assistenza agli ammalati e ai poveri meritò al Sodalizio sempre nuovi riconoscimenti da parte della comunità, che si tradussero talora in donazioni e ricche elargizioni. Ciò si rifletté sul decoro del tempio, che crebbe tanto nelle sue soluzioni architettoniche quanto nei suoi arredi. Superato un momento oscuro conseguente alle leggi leopoldine del 1785 che sancirono l’abolizione di tutte le confraternite nel territorio del Granducato, il Sodalizio ripropose la sua presenza nel corpo cittadino in uno spirito immutato, tanto da meritare speciali privilegi da Pio VI e Pio VII, da essere gratificato del titolo di “insigne” da Gregorio XVI ed elevato ad “arciconfraternita” da Leone XIII.

In questo prestigioso percorso esso conobbe l’attenzione di Napoleone I, che il 14 giugno 1814 ne visitò la sede, assistendo alla Messa che vi si stava celebrando. Non sorprende, così, che tra i tesori che mostrano oggi i confratelli vi siano ampi brani del baldacchino sotto cui l’imperatore fece il suo primo solenne ingresso nella città e della coperta che fu sul suo letto, nonché la sua maschera mortuaria in bronzo.

Regge il confronto, per importanza e qualità, con tali cimeli, un repertorio di opere d’arte, tra cui spiccano un dipinto raffigurante l’Assunzione di Maria, di mano di Giovanni Cammillo Sagrestani (1660-1731), testimonianza della viva partecipazione della Confraternita al clima culturale della Toscana continentale e un Crocifisso ligneo quattrocentesco di probabile scuola francese, che fu caro a Paolo Danei (1694-1775), il fondatore della Congregazione della Passione di Gesù, venerato dalla Chiesa Cattolica dal 1867 come S. Paolo della Croce.

 

Foto Cammillo Sagrestani, Incoronazione dell’Assunta

Ad esso, nella comune appartenenza all’orizzonte delle arti figurative, ma con una sua cifra peculiare, si affianca una galleria di tavolette votive collocabili cronologicamente tra la seconda metà del XVIII secolo e la prima metà del XIX, per lo più di soggetto marinaro, nella quale è possibile cogliere, altresì, un messaggio devozionale e antropologico-culturale di grande rilievo e significato.

 

Foto Ex voto del brigantino Isabella (1843)

I giorni vòlti alla preghiera e all’esercizio della carità del Sodalizio si intersecarono più volte con il flagello della guerra. In quella del 1915-’18 persero la vita quarantacinque confratelli, mentre altri quarantasei furono feriti. Certo fu anche per tanto sangue versato che si volle fare della chiesa dell’Assunta il luogo privilegiato dell’omaggio ai caduti di tutta l’Elba attraverso la costruzione di una cappella.

 

Foto Altar maggiore Assunzione di Maria, Giuseppe Mazzei

Opera dell’architetto fiorentino Severino Crott, consacrata al culto nel 1933, essa contiene dipinti ispirati al conflitto del noto pittore elbano Giuseppe Mazzei (1867-1944), autore peraltro della pala dell’altar maggiore della chiesa, che si identifica con una copia di una celebre Assunzione di Guido Reni, e cimeli vari, tra cui tre anfore di bronzo contenenti terra prelevata dalle sponde del Piave, dal Monte Grappa e dall’altopiano carsico. La memoria, fortemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale e successivamente ripristinata, è attualmente inagibile, presentando dei problemi di staticità. Se ne impone il restauro, che si configura come un obbligo morale per una città nelle cui tradizioni vive la salvaguardia della propria immagine.

Gianfranco Vanagolli per Italia Nostra Arcipelago Toscano

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