CONCESSIONI BALNEARI: UN REBUS DA RISOLVERE

Michele Scola, presidente grossetano di Italia Nostra, interviene su un’importante questione all’ordine del giorno.

In un Paese, come il nostro, malato di partitismo,  io credo  che chi si occupa istituzionalmente di ambientalismo abbia il diritto e il dovere di svolgere i propri compiti senza parteggiare pregiudizialmente per questa o per quella fazione.

Tipica di un modo a mio parere errato  di affrontare le questioni ambientalistiche è la gazzarra di stampo  pre-elettorale (e dunque partitica) che è stata in questi giorni  sollevata sulla questione delle concessioni agli stabilimenti balneari.

Com’è noto, queste concessioni vengono attualmente  rilasciate per un periodo di tempo determinato – sei anni –  tacitamente rinnovabile. Sotto la copertura  di queste concessioni, migliaia di chilometri di spiagge sono state trasformate, nel corso dei decenni scorsi,  in quel vero e proprio luna-park che tutti conosciamo, in molti casi  recintando e impedendo ai cittadini  il libero e gratuito  accesso al mare. Gli stabilimenti balneari, di fatto, sono sempre rimasti  in mano alle solite famiglie. Un modello decisamente discutibile, soprattutto perché da parte delle amministrazioni pubbliche non si è badato a lasciare spazio alle  spiagge libere e attrezzate.

A sconvolgere questo stato di fatto è intervenuta, come si suol dire a gamba tesa,

l ’Unione Europea,  emanando, in nome della libera concorrenza,   la cosiddetta  direttiva  Bolkestein,  che impone la vendita all’asta, dunque al miglior offerente, di tutte le concessioni balneari. Un’operazione relativamente facile a dirsi e a farsi quando la concessione consiste in un chiosco di legno dove si noleggiano ombrelloni e sedie a sdraio, ma decisamente drammatica   quando amministrazioni comunali sia di centro-destra sia di centro-sinistra hanno autorizzato,  nel corso dei decenni,  la realizzazione sulle spiagge di grandi  strutture fisse di ogni genere, come ad esempio ristoranti,  bar, centri-benessere e quant’altro.  Quella che l’UE vuole imporci è dunque una vera e propria tragedia per chi ha investito sulle attività balneari denari e lavoro. Si è ventilato addirittura il rischio che in questo modo si finisca per  favorire le grandi organizzazioni criminali, le quali dispongono di enormi quantità di denaro.

Finora, come si usa in Italia, invece di affrontare seriamente  la questione  a livello europeo,  si è fatto ricorso ai rinvii. Ma ecco che il governo, alcuni giorni fa, ha creduto di trovare una soluzione drastica al problema: respingere la decisione europea  introducendo, a favore degli attuali concessionari, e in cambio di un canone a prezzi di mercato, un diritto di superficie della durata di 90 anni,  forse ridotta, secondo le ultime notizie, a 20 anni.  Il litorale rimane di proprietà dello Stato, ma le strutture esistenti continuano ad appartenere, per quel periodo di tempo,  agli attuali proprietari.

Una questione complessa, da approfondire con un adeguato studio del provvedimento, che verrà pubblicato il 17 di questo mese. Ma siamo in campagna elettorale, e naturalmente si è scatenato il putiferio: l’opposizione ha accusato il governo di dare il via libera alla speculazione edilizia lungo tutte le coste italiane, dato che i sindaci, nonostante i vincoli paesaggistici esistenti,  possono, in teoria,  autorizzare nuove costruzioni sulle concessioni. Un pericolo reale, in effetti, dato che i sindaci, in nome della sussidiarietà, sono lasciati liberi di fare quello che vogliono sul loro territorio. Ha detto bene il Touring Club: “Si rischia di passare dal caos attuale a una situazione ancora più grave. Bisogna chiarire il rapporto tra Stato ed enti locali per garantire regole uniformi”.

A proposito delle necessarie tutele ambientali riguardanti i litorali maremmani, merita che io citi le due proposte di Legge di iniziativa popolare che la sezione di Grosseto di Italia Nostra,in collaborazione con il Coordinamento dei Comitati della Provincia di Grosseto, ha presentato alla Regione Toscana. La prima di queste iniziative riguarda l’ampliamento dei confini del Parco della Maremma, che noi vorremmo estendere a tutta la fascia costiera. La seconda iniziativa riguarda la modifica, da noi richiesta, della legge Regionale 1/2005 per ciò che attiene alla delega senza controlli che viene data ai sindaci in materia di gestione del territorio. L’approvazione di queste due proposte, quale che sia la durata delle concessioni demaniali,  scongiurerebbe qualsiasi rischio di cementificazione delle nostra spiagge.

Mi auguro che i dirigenti regionali colgano l’opportunità offerta loro dalle nostre proposte.

Michele Scola

In Italia il concetto di bravo e forte ha solo un significato. Nel caso di Ostia, realtà che conosco fin troppo bene, gli stabilimenti sono sempre stati in mano alle solite famiglie, le quali hanno gestito per decenni la gallina dalle uova d’oro del bene demaniale. Per un cittadino, comune mortale, è più facile vincere al superenalotto che rilevare la concessione di uno stabilimento balneare. Il provvedimento non serve a nulla, tantomeno a creare un ricambio, dopo 90 anni, di una perpetuazione quasi feudale.

 

 

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