Isola del Giglio 4 Dicembre 2013

SEZIONE ISOLA D’ELBA E GIGLIO

Via delle Case Nuove, 53
57034 Marina di Campo (LI)

Via Roma 35, Giglio Castello 58012 Isola del Giglio (GR)

isoladelbaegiglio@italianostra.org

Alla cortese attenzione del
SINDACO SERGIO ORTELLI
Comune di Isola del Giglio
Via Vittorio Emanuele
58012 Isola del Giglio (GR)

Oggetto: nuove intitolazioni di pubbliche Vie a Giglio Castello e Giglio Campese in Isola del Giglio (GR).

Con la presente, il sottoscritto Preziosi Leonardo, residente in Loc.Norsi N° 9°, 57037 Portoferraio, Isola D’Elba (LI), in qualità di Presidente della locale Sezione Elba-Giglio di Italia Nostra onlus, Associazione che si occupa della tutela e salvaguardia del patrimonio culturale, artistico, archeologico, paesaggistico nonché ambientale a carattere e distribuzione territoriale nazionale, in forza dell’importanza che Italia Nostra rivolge anche a coloro che si sono distinti a livello nazionale per meriti che hanno dato lustro alla Nazione e alle località dove si sono svolti gli eventi, chiede a Codesto Spett.le Sindaco di intitolare tre nuove vie a tre personaggi che hanno avuto certamente un ruolo importante a carattere nazionale, ma soprattutto e indubbiamente hanno lasciato un segno indelebile a carattere locale, luogo dove due di loro hanno anche avuto i natali, e luogo dove l’altro personaggio non nativo, ha però lasciato il suo segno per la caratteristica della sua forte nonché eclettica e creativa personalità, non comune al periodo in cui è vissuto.

I tre personaggi in ordine alfabetico sono: BRIZZI ENEA, D’ALBERTIS ALBERTO ENRICO, MONSIGNOR MILIANI OLIMPIO.

A seguire biografia, storia e meriti dei personaggi sopra elencati :

Enea Brizzi

Enea Brizzi

1) BRIZZI ENEA

tratto da Aldo Scotto, Le tradizioni musicali dell’Isola del Giglio, Circolo Culturale Gigliese, 1996

La sua intensa vita iniziò il 26 febbraio 1821 nell’attuale Via Marco Polo a Giglio Castello. Giovane pastore di pecore, Enea costruiva dei rudimentali strumenti di canna, e passava le sue giornate suonando graziosi ed eccellenti motivi. Imparò a leggere e scrivere dal Parroco, che in seguito gli impartì i primi elementi di musica con l’aiuto di un musicante del luogo. Nel 1838 gli fu possibile entrare in possesso di una tromba, ed in breve tempo si rivelò un eccellente suonatore. Questo rapidissimo progresso indusse i familiari a mandarlo al Conservatorio musicale di Firenze sostenendo enormi sacrifici.
Al Conservatorio di Firenze studiò armonia e composizione dai Maestri L. Picchianti e L.M. Viviani, ed imparò a suonare la tromba dal Professor Pietro Mattiozzi. Arruolatosi nell’esercito di Leopoldo II Granduca di Toscana e precisamente nella Banda Militare dei Carabinieri, si distinse subito per la sua bravura e ben presto raggiunse il grado di Sottotenente Capo Musica.

Nel 1842 fu nominato Capo della Fanfara dei Carabinieri. Nello stesso anno fondò, insieme a Giovanni Niccolai, la casa musicale “Brizzi e Niccolai”. La carriera è rapida ed entusiasmante: il 2 settembre 1846 è nominato professore strumentista dell’Accademia Fiorentina delle belle arti; il 4 settembre 1847 la banda dei Carabinieri diretta dal Brizzi primeggiò tra le sessanta bande musicali convenute a Firenze per una grande festa popolare indetta da Leopoldo II; negli anni della Prima Guerra d’Indipendenza diviene “prima tromba” dell’orchestra da Camera e Cappella della corte Granducale Toscana, dove ebbe le onorificenze degli ordini di SS. Maurizio e Lazzaro, della Corona d’Italia e di quello del Cristo di Portogallo.
Suonò a Parigi nel 1856 nell’ambito di un concorso per solisti di tromba, riscotendo grande successo; si esibì davanti al Papa Pio IX a Firenze il 20 agosto 1857. Nel 1859 si arruolò nel corpo dei Granatieri e fino al 1860 partecipò al seguito di Garibaldi alle campagne di guerra contro gli Austriaci. Il 21 dicembre 1860 venne chiamato come socio corrispondente con titolo onorifico all’Accademia musicale fiorentina. Qui diresse, prima come soldato e poi come ufficiale, la banda musicale della Guardia Nazionale di Firenze. Nel 1866 Enea Brizzi entrò di prepotenza nella storia del Risorgimento Italiano: insieme al poeta ed esponente politico piemontese A. Brofferio scrisse “La canzone della guerra del 1866”. Nei giorni che seguirono i nostri soldati lo intonavano negli assalti alla baionetta e all’ingresso delle truppe nel Veneto quando questo fu annesso all’Italia.
In questo periodo nacque la Società Orchestrale Orfeo, da lui fondata e diretta, con la quale si esibì in tutte le principali città italiane, dando pure molti concerti per scopi umanitari. Fu molto ricercato come suonatore di tromba per il suo suono forte ed espressivo e per il suo “fraseggiare, più che da strumentista, da cantante perfetto” (Cianchi). Nel 1879 cominciò a dirigere molte opere melodrammatiche in vari teatri fiorentini.
Anche all’estero ebbe molto successo: Strauss affermava che nessuna tromba sapeva far uscire note come quella del Brizzi. La critica spagnola gli attribuì “intelligenza e un poderoso cuore da artista”. Il critico Schmidl definì le sue esibizioni “Sentimento musicale squisitissimo, e grande bravura nell’interpretare a meraviglia le intenzioni dei compositori”. Rossini si congratulò dopo averlo sentito suonare il suo Requiem e per le più alte qualità di potenza e di bellezza del suono per i “do” naturali che eseguiva. Altri critici dicevano di lui: “Anima tutta musicale uso a trattar la nota come una creatura per se viva, il Gigliese ne ha la più fine e varia disciplina. Nessuna astuzia, nessun accorgimento, nessun mezzo gli è ignoto”. Ed ancora: “La tromba sulle labbra di Enea Brizzi diventa uno strumento meraviglioso di dolcezza e di forza”.
Pur continuando a istruire e a dirigere bande, si ritirò nella Villa Leoni a Barberino di Mugello, dove morì il 1 giugno 1886, in seguito ad un attacco di apoplessia. Fu sepolto il 7 giugno 1886 nel cimitero della Misericordia, a Firenze. Purtroppo quasi tutte le sue composizioni furono distrutte in un incendio della Casa Ricordi, nel 1943.

Altra biografia su ENEA BRIZZI tratta dal Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 14 (1972)
di Leila Galleni Luisi
Nato all’isola del Giglio il 26 febbr. 1821 da Pietro Brizzi e Rosa Aldi, trascorse l’adolescenza e la gioventù a Firenze, dove studiò armonia e composizione con L. Picchianti e L. M. Viviani. Dedicatosi anche allo studio della tromba con P. Mattiozzi, nel 1842 fu nominato capo della fanfara dei carabinieri e nel 1850 passò a dirigere la banda dei veliti toscani, coadiuvato dai fratelli Gioacchino e Giovanni Bimboni. Compose, inoltre, vari inni, marce e altra musica per banda, fra cui si ricordano l’inno Delle spade il fiero lampo di A. Brofferio e la marcia Il parco. In seguito fu nel corpo dei granatieri (1859) e nel 35º reggimento di fanteria (1861); terminato il servizio militare il 30 apr. 1865, diresse dapprima come soldato, poi come ufficiale la banda musicale della guardia nazionale di Firenze.

Fin dagli anni giovanili il B. fu pure variamente attivo: nel 1842 aveva fondato, infatti, insieme con G. Niccolai, la casa musicale “Brizzi e Niccolai”, che mantenne questo nome anche quando il B., per dissesti economici, si ritirò. Miglior sorte ebbe, invece, la Società orchestrale Orfeo, da lui fondata e diretta, con la quale viaggiò molto per tutte le principali città d’Italia, ottenendo ovunque grandi successi. Come suonatore di tromba fu assai ricercato nelle orchestre per il suo suono forte ed espressivo e il suo “fraseggiare più che da strumentista da cantante perfetto” (Cianchi).

Secondo il Billé, il B. sarebbe stato chiamato “la tromba del Giudizio universale” dal direttore d’orchestra A. Mariani in occasione dell’esecuzione, insieme con i più grandi solisti italiani, dello Stabat Mater di Rossini diretto da Donizetti nei giorni 18-20 marzo 1842 nella sala dell’Archiginnasio a Bologna, ma l’aneddoto va riferito a un altro insigne suonatore di tromba, il bolognese Gaetano Brizzi, al quale tale appellativo fu dato da Donizetti e non dal Mariani. Dei numerosi concerti di cui è, invece, accertata la partecipazione del B., si ricordano quello del 3 luglio 1844 nel salone del Palazzo Vecchio di Firenze, come tromba maggiore dei carabinieri, il Concertone di T. Mabellini alla Filarmonica fiorentina il 29 nov. 1846, in cui ottenne larghi consensi nei suoi a solo di corno e di tromba, quelli in occasione delle feste per il SS. Crocifisso della Buona Morte, dal 24 al 26 ag. 1852, a Rimini, dove eseguì dei pezzi a parte, oltre al concerto scritto da G. Pacini e quelli in convegni privati a Parigi nel novembre 1856, accolti con grande favore. Quando Poi Pio IX andò in visita a Firenze (20 ag. 1857) e in suo onore nel salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio furono eseguiti tre oratori di P. Raimondi, il B. “col solo di tromba ed il Bimboni col clarinetto” ressero la seconda parte del terzo oratorio, Il Giacobbe, ottenendo grande successo (cfr. Gazz. musicale di Milano).Per le sue qualità, il 2 sett. 1846 il B. era stato eletto professore strumentista dell’Accademia fiorentina di belle arti e, alla soppressione di questa, il 21 dic. 1860 venne aggregato come socio corrispondente con titolo onorifico all’Accademia musicale fiorentina. Fu anche prima tromba di camera e di cappella della corte granducale di Toscana ed ebbe poi le onorificenze degli ordini dei SS. Maurizio e Lazzaro, della Corona d’Italia e di quello del Cristo del Portogallo. Negli ultimi anni della sua vita il B. condusse anche un’impresa al Teatro La Pergola di Firenze (carnevale 1879-1880) e diresse alcune opere al Teatro Niccolini (1881-1882) e al Teatro Pagliano (1885). Pur continuando, inoltre, a istruire e a dirigere bande, si ritirò a Barberino di Mugello, dove morì il 31 maggio 1886 e poiché era “popolarissimo” in Toscana, un comitato, formato da società musicali e culturali, ne fece trasportare la salma a Firenze, dove fu sepolto il 7 giugno 1886.

Concertista e direttore d’orchestra di notevole fama, il B. ebbe, secondo lo Schmidi, “sentimento musicale squisitissimo” e grande bravura “nell’interpretare a meraviglia le intenzioni dei compositori”, ma fu presto dimenticato, essendo andate perdute quasi tutte le sue composizioni, le cui copie, conservate dalla casa Ricordi che le aveva pubblicate, furono distrutte in un incendio del 1943. Nel giornale fiorentino Il Sabatino dell’11 sett. 1847 (n. 21, p. 94) è citato, fra le musiche edite da G. G. Guidi, un Gran valzer del B., scritto per orchestra o fanfara e ridotto per pianoforte da C. Fortini, ma anche di questa composizione non si ha più la musica.

Fonti e Bibl.: Notizie, in Gazzetta musicale di Milano, III (1844), n. 28, p. 21; V (1846), n. 51, pp. 405 s.; X (1852), n. 32, p. 143; XIV (1856), n. 46, p. 367; XV (1857), n. 36, p. 286; necrologio, ibid., XLI (1886), n. 24, p. 187; E. Cianchi, Cenni necrol. dell’accad. corr. E. B., in Atti dell’Acc. del R. Istituto musicale di Firenze, XXV (1887), pp. 14-17; E. Carozzi, E. B., in Almanacco teatrale italiano per l’annata 1887, Milano 1887, pp. 817-819; G. Monaldi, Orchestre e direttori del sec. XIX, in Rivista musicale italiana, XVI(1909), pp. 137, 534 ss.; Id., Imiei ricordi musicali, Roma 1921, pp. 55 s.; U.Morini, La R. Acc. degli Immobili ed il suo Teatro “La Pergola” (1649-1925), Pisa 1926, pp. 243 s.; I. Billé, Gli strumenti ad arco e i suoi cultori, Roma 1928, p. 196; C. Schmidl, Diz.universale dei Musicisti, I, p. 249; Encicl. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 324.

A Enea Brizzi è intitolata la locale Banda Musicale dell’Isola del Giglio, che si distingue per essere al suo 161° anno longevo di vita, motivo per cui rimane una delle più importanti bande della provincia di Grosseto, e motivo per cui rimane la più importante associazione culturale dell’Isola del Giglio.

2) Capitano ENRICO ALBERTO D’ALBERTIS:

TRATTO da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Nacque a Voltri nel 1846, ultimo dei tre figli di Violantina Giusti e di Filippo proprietario di manifatture tessili, e dopo aver frequentato il collegio di Moncalieri (Torino) si iscrisse a quello della Marina di Genova, dal quale uscì nel 1866 come guardiamarina. Nello stesso anno partecipò alla battaglia di Lissa; in seguito s’imbarcò sulle corazzate Ancona e Formidabile.Nel 1870 decise di lasciare la marina militare con il grado di guardiamarina di prima classe per entrare a far parte della marina mercantile.
L’anno seguente, al comando dell’Emilia, condusse il primo convoglio italiano attraverso il canale di Suez.Spinto dalla propria indole avventurosa, cedette le proprie quote dell’azienda di famiglia e dal 1874 fino al 1880 d’Albertis si dedicò quasi ininterrottamente alla navigazione da diporto percorrendo in lungo e in largo il Mar Mediterraneo a bordo dello yacht Violante. Nel 1879, con Vittorio Augusto Vecchi, meglio noto come Jack La Bolina, il conte Ponza di SanMartino, il marchese Doria, il marchese Imperiale e pochi altri fondò il Regio Yacht Club Italiano.
Il guidone del “Violante”, una stella bianca in campo azzurro, è stato per anni l’emblema del Club. In questo periodo ebbe luogo anche il primo dei suoi tre viaggi intorno al mondo.

Dal 1882 si dedicò a crociere più impegnative per le quali utilizzò un’imbarcazione più grande, il Corsaro, che lo portò fino a El Salvador. Per la traversata usò copie, da lui stesso costruite, degli strumenti di navigazione in uso nel XV secolo, vale a dire il quadrante, l’astrolabio nautico, la balestriglia. Dopo il successo dell’impresa, che gli valse la nomina a capitano di corvetta della riserva, tra il 1895 ed il 1896 fece il suo secondo viaggio intorno al mondo. Negli anni successivi visitò l’Italia e l’Europa.

Nell’anno 1900 iniziò il periodo Africano. Viaggiò in Tripolitania, Algeria e Tunisia, e poi in Eritrea (1902), in Somalia (Benadir) (1905) e svariate volte anche in Egitto e Sudan. Conobbe l’egittologo Schiapparelli e partecipò a scavi a Luxor, nella Valle delle Regine.Nel 1906 visitò l’Africa orientale, Harrar, Uganda e Victoria Nyanza e nel 1908 effettuò il periplo dell’Africa, arrivando fino a Johannesburg. Due anni dopo, nel 1910, compì il suo terzo ed ultimo viaggio attorno al mondo.

Allo scoppio del primo conflitto mondiale collaborò volontariamente ad un servizio di pattugliamento nel mar Tirreno, ottenendo la croce di guerra.

La residenza ufficiale del Capitano era a Genova, nel Castello di Montegalletto, ma in effetti ci abitava ben poco. Quando non era in viaggio, o in Egitto a ritemprarsi dai reumatismi e dall’artrite, si rifugiava nel suo eremo di Capo Noli, una costruzione di legno a picco sul mare in stile coloniale simile ad una cabina di una nave, o nella torre del Campese, sull’isola del Giglio.

Fu amico di importanti personaggi del mondo scientifico e politico: Giacomo Doria, Arturo Issel, Leonardo Fea, Odoardo Beccari, Paolo Emilio Thaon di Revel, Umberto Cagni, Luigi Salvatore d’Asburgo.

Durante tutta la sua vita, d’Albertis ha coltivato la passione per le meridiane. Ne costruì 103, di cui undici nel solo castello genovese di Montegalletto. Moltissime si trovano disseminate in paesi di montagna nei quali trascorreva molto tempo, essendo l’alpinismo una sua grande passione. Né realizzò cinque in Puglia, di cui l’unica superstite è quella di Brindisi, realizzata nel 1917, posta sul muro a sud dell’edificio che ospita la Capitaneria di porto, il cui motto cita “SALVE A CHI ARRIVA SALVE A CHI RIPARTE FERREI CETACEI AQUILE DI GUERRA L’ORA VI DO CON VECCHIA SCIENZA ED ARTE”. Altre sono in Egitto, in Libia, in Albania. La prima risale al 1875, l’ultima da lui costruita nel 1928, quando era ormai un ultraottantenne.

Morì a Montegalletto nel 1932 e donò al comune il suo maniero e tutte le collezioni in esso contenute con il desiderio che fosse fatto un Museo, desiderio che si è realizzato con la ristrutturazione del castello come Museo delle Culture del Mondo.

Il Capitano Enrico Alberto D’Albertis si innamora dell’Isola del Giglio grazie ad un invito sull’isola da parte della marchesa Doria, sua amica e appassionata di botanica. Qui acquista a fine 800’ dal Comune dell’Isola del Giglio la Torre del Campese, e ne diventa il primo proprietario privato nella storia di suddetta torre. La restaura, e la inaugura il 18 Novembre 1899, giorno del primo centenario della vittoria gloriosa dei Gigliesi sui pirati saraceni Tunisini del 18 novembre 1799. Si deve a lui, uomo di mondo e di cultura, nonché personaggio facoltoso grazie alla sua posizione sociale, sicuramente l’idea della grande commemorazione del primo centenario di questa incredibile e miracolosa vittoria da parte del popolo gigliese, con un finale pirotecnico della giornata commemorativa, proprio nel giardino della Torre, finita e sistemata come sua residenza gigliese. Non mancò il D’Albertis di collocare sul muro della Torre una epigrafe in marmo a ricordo della bellissima e importante ricorrenza isolana.

Nella Torre il Capitano, uomo di cultura, farà nascere un bellissimo giardino dove poserà i resti archeologici ancora intatti e non distrutti dalle mazze di ferro dei gigliesi, provenienti dalla Villa imperiale dei Domizi Enobarbi di Giglio Porto.

Colonne di marmo rosa e di granito, assieme a tutto quello che ancora poteva essere considerato manufatto e non semplice pezzo di roccia, venne posato sia nella Torre stessa, sia in quello che oggi rappresenta uno dei più bei giardini dell’isola, anche se i proprietari sono cambiati.

All’entrata della Torre stessa, il D’Albertis pose anche la meridiana da lui costruita, che vide poi l’altra meridiana sul muro dirimpettaio dell’abitazione di Capitan Beppino ( all’anagrafe Giuseppe Pini) suo grande amico gigliese campesaio, con cui condivideva la grande passione del mare. Dedicando questa meridiana al suo grande amico campesaio, lupo di mare come lui, il D’Albertis lascia a Giglio Campese in totale 2 meridiane; la terza meridiana si trova a Giglio Porto, su un muro privato all’inizio del molo rosso, ancora nella versione originale, mentre quella dedicata a Capitan Beppino, non si sa quando distrutta, è stata rifatta fedelmente negli anni 80’ su modello dell’originale del D’Albertis.

Sulla colonna destra del cancello di ingresso alla Torre, un epigrafe in marmo bianco, ricorda in latino il grande legame del D’Albertis con il mare : “COELUM NON ANIMUM MUTANT, QUI TRANS MARE CURRUNT”.

Al D’Albertis si devono anche le uniche immagini fotografiche dell’Isola del Giglio di fine 800’ e il libro “ La crociera del Violante”, scritto sempre in quel periodo di fine 800’, dove si descrivono le isole dell’Arcipelago Toscano a bordo della prima imbarcazione da diporto italiana, il “ Violante “ appunto, varata dallo stesso D’Albertis il 23 Febbraio del 1875.

Nel Castello D’Albertis, in località Montegalletto (GE), oggi proprietà del Comune di Genova a cui fu donato dallo stesso D’Albertis nel 1932 anno della sua morte, oggi si trova il Museo Etnografico “Museo delle culture del mondo e Museo delle musiche dei popoli”. In una delle stanze del museo, si trova un bel repertorio fotografico riguardante l’Isola del Giglio.

3) MONSIGNOR OLIMPIO MILIANI:

Monsignor Miliani, nasce all’Isola del Giglio nel 1666 da Domenico Miliani e Fiore Bancalà . Parte dall’Isola del Giglio per andare a Roma, dove svolgerà i suoi studi ecclesiastici, sotto la protezione del Cardinale Michelangelo Conti, figlio di Carlo IV, Duca di Poli e Guadagnolo, vicino Roma.
Il Duca Michelangelo Conti, salirà al pontificato nel 1721 col nome di Innocenzo XIII, dando così un proprio canonicato in San Pietro a Monsignor Miliani e nominandolo suo personale Chierico di camera. La corta vita di questo pontefice però ( morì nel 1724 dopo appena tre anni di Pontificato), impedì che Monsignor Miliani diventasse Cardinale, ma non impedì però che lo stesso Monsignore ricevesse ogni sorte di beneficenza dalla morte del Pontefice: infatti il Miliani, ebbe in eredità da papa Innocenzo la mobilia delle sue private camere, molti reliquiari d’argento ed altre ricche suppellettili, primo fra tutte il preziosissimo Crocifisso d’Avorio, capolavoro barocco, attribuito attualmente ad artista nordico, e il braccio di S. Mamiliano, reliquiario d’argento con al suo interno l’ulna del protettore dell’Isola del Giglio. Tutti questi oggetti preziosi, furono donati a sua volta da Monsignor Miliani nel 1725 alla chiesa di San Pietro Apostolo di Giglio Castello, suo luogo natio, dove attualmente sono custoditi.
In tarda età, il Miliani si ritirò nella sua patria natia , dove morì nel 1753 all’età di 87 anni; seppellito nel cimitero settecentesco di Giglio Castello, attualmente sia le ossa sia la tomba, si trovano sotto l’asfalto di quello che è ancora chiamato il “ cimitero vecchio”, in quanto nel 1900 costruirono l’attuale cimitero in Loc. Il Pianello, abbandonando il vecchio, e verso la fine degli anni 70’ del secolo scorso, su quello che era rimasto delle tombe dei secoli passati, il sindaco dell’epoca progettò una area asfaltata, attualmente adibita a parcheggio.

All’opera, all’attenzione e all’amore dimostrato verso la comunità di quest’isola da parte di Monsignor Miliani si deve la presenza nella Chiesa di S. Pietro Apostolo a Giglio Castello, della reliquia del Santo rispettato e amatissimo da tutto il popolo gigliese, S. Mamiliano, e dell’opera d’arte in assoluto più importante sia per l’Isola del Giglio che per tutto l’Arcipelago Toscano: il Crocifisso d’avorio.

Un personaggio così importante nella storia dell’Isola del Giglio, sicuramente non merita di finire nell’oblio, come non lo meritano gli altri due personaggi sopra menzionati, quindi per dare giusta memoria ai posteri, Italia Nostra Sezione Elba-Giglio, nella persona del suo Presidente, Leonardo Preziosi, chiede una Via intitolata a Monsignor Olimpio Miliani a Giglio Castello, nei pressi della Chiesa di S.Pietro Apostolo; una Via intitolata a Enea Brizzi a Giglio Castello, nei pressi dell’ex asilo parrocchiale dove attualmente, in detto stabile, si trova la sede della banda musicale intitolata al Brizzi; una Via intitolata al Comandante Enrico Alberto D’Albertis, a Giglio Campese, nei pressi della Torre medicea.
Vista l’importanza dei tre personaggi, si chiede di dare visibilità agli stessi, scegliendo posizioni strategiche nelle zone delle località sopra indicate, affinchè anche i turisti e non solo i gigliesi, vengano a conoscenza di quanto il Miliani, il Brizzi, e il D’Albertis, siano stati importanti non solo nella storia dell’Isola del Giglio, ma anche nella storia a carattere nazionale.

A questa ufficiale richiesta, se Codesta Spett.le Amministrazione Comunale, nella persona del Sindaco lo riterrà opportuno, seguirà a cura di Italia Nostra, petizione popolare per rendere fattibile e concreto il progetto in oggetto.

In attesa di una Vs. gradita e sollecita risposta, si porgono i più distinti saluti,

Per Italia Nostra Sezione Elba –Giglio

Il Presidente

Leonardo Preziosi

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