LA CULTURA PUO’ COSTITUIRE UN VOLANO PER IL FUTURO DELL’ECONOMIA ELBANA?

La risposta è SI.
E vediamo perché, come e chi può governare il processo.

L’Italia è considerata la culla dell’arte, possiede il più grande patrimonio archeologico ed artistico del mondo ma non c’è stato un governo che abbia considerato la cultura come una risorsa primaria del paese su cui investire; nel 2011 i finanziamenti per la cultura hanno costituito solo lo 0,2 % del budget di spesa dello Stato.
L’Elba, nel suo piccolo, ha piccoli-grandi tesori ma non li valorizza: ne citiamo solo alcuni il FORTE FALCONE, il VOLTERRAIO, la VILLA DEI MULINI, la VILLA DI SAN MARTINO, il SANTUARIO DELLA MADONNA DEL MONTE , le 16 Pievi romaniche e potremmo continuare ancora. Il decentramento ha dato più potere e risorse alle regioni ma, nella fattispecie, che cosa ha fatto la regione per l’Elba? Poco o niente.
I Comuni, costretti sempre più a tagli di risorse e dilaniati dall’eccesso di localismo che pervade la nostra piccola comunità, hanno fatto anche meno; solo qualche felice iniziativa come i progetti per il restauro del Falcone e la messa in sicurezza del Forte inglese a Portoferraio oppure la sistemazione di qualche monumento in altri paesi; ma dov’è la fruizione di questi luoghi?

A livello turistico l’Italia è una grande destinazione; nel 2011 43 milioni di turisti sono venuti in Italia, il settore rappresenta il 10% circa del PIL. All’Elba si parla di circa 3 milioni di passaggi/nave all’anno; molti sono ovviamente i pendolari ma molti sono anche i turisti.
Che cosa facciamo per rendere visibili i nostri “tesori” a queste persone? Poco o niente.
La risposta delle Istituzioni si trincera quasi sempre sulla mancanza di risorse.

A mio avviso manca la volontà e la “cultura della cultura”. L’Elba brulica di iniziative culturali. Ogni giorno, quasi, viene pubblicato un libro sulla nostra storia; vi sono splendide iniziative di volontariato nel settore dell’ambiente, della sanità; vi sono decine di persone che partecipano alle escursioni organizzate da meravigliosi e competenti conoscitori della nostra terra. Siamo una terra di poeti, di fotografi, di pittori, di musicisti; spaziamo in ogni campo dell’arte. Ma ciascuno viaggia su un binario suo, parallelo a quello di tanti altri.

Non mancano dunque le risorse né in termini economici né in termini di capitale umano in quanto ciascuno di questi “artisti” spende, in termini di risorse, spesso per fare esattamente le stesse cose che fanno anche altri. Basterebbe cominciare ad aggregare a fattor comune alcune iniziative che subito gli stessi autori avrebbero enormi benefici.
Manca “il sistema”… anche qui. Un unico respiro. Un progetto che sappia valorizzare la nostra tradizione, la nostra memoria, questo minimo comune denominatore che poi è il primario principio informatore della stragrande maggioranza delle espressioni artistiche che emergono all’isola.

E questo obiettivo, cari nostri Amministratori, potrebbe essere raggiunto “a costo zero”.

Sono d’accordo che, ad esempio per mettere in sicurezza il Volterraio e renderlo fruibile a tutti coloro che ogni anno rischiano l’osso del collo per visitarlo, ci vogliono risorse economiche ingenti. So che il PNAT, finalmente, si sta ponendo il problema ma quando avrà studiato il tema dovremo trovare comunque le risorse economiche. E chi mai ce le potrà dare se per primi noi non siamo capaci di valorizzarle?
Era solo un esempio per dire che per fare in modo di valorizzare i nostri beni dobbiamo cambiare mentalità; non abbiamo una strategia su questo tema e forse questa assenza dipende da una visione della cultura semplicemente come consumo, invece che come formazione, innovazione, sviluppo umano, elemento di qualità della vita.

E allora “a costo zero” potremmo definire una serie di interventi, chiamiamoli “di base”.

Alcuni suggerimenti:

  1. la cura dell’ambiente; avere una strategia, comune a tutti i Comuni, di rispetto dell’ambiente, dichiarato in tutti gli atti ufficiali.
  2. Definire uno slogan tipo “l’Elba culla della cultura” e utilizzarlo in ogni manifestazione che si svolge in ogni paese; la cultura è un elemento fondamentale per la competitività di un luogo perché sviluppa la conoscenza, incentiva la creatività e aiuta i nostri paesi (che sono “vecchi” in tutto e per tutto) ad uscire dal degrado.
  3. Catalogare tutte le iniziative in ogni campo (arte, musica, gastronomia, pittura, poesia,ecc) e metterle a fattor comune creando una sorta di percorso virtuoso che si affianca ai nostri bellissimi sentieri sia terrestri che marini.
  4. Sostenere l’occupazione e lo sviluppo delle professionalità del settore.
  5. Promuovere i processi di modernizzazione nella gestione e nella produzione della cultura sostenendo la creatività giovanile.

Per finire qualche altro dato a supporto.

Il turismo culturale negli ultimo 20 anni è sempre stato in crescita; negli ultimi due anni ha registrato una battuta d’arresto ma mantiene dei picchi di eccellenza; le città d’arte attraggono il 29% dell’intero flusso turistico italiano. Vogliamo provare ad intercettarne qualche punto %?
Le statistiche ci dicono che ogni presenza turistica in più genera 63€ di PIL aggiuntivo. Negli ultimi 10 anni il tempo libero e i consumi culturali sono stati in costante crescita in tutti gli strati della popolazione con una stima di spesa delle famiglie italiane per la cultura che è passata dai 50 miliardi del 1999 ai 32 Mil € del 2009. In sostanza in Italia si assiste al paradosso di una domanda crescente di cultura a fronte di una serie di interventi normativi e finanziari che polverizzano una reale politica di tutela e valorizzazione.

All’Elba avviene la stessa precisa cosa.

Qual è dunque la morale di tutto questo discorso?

Tornando al titolo possiamo sintetizzare ribadendo il SI iniziale.

La funzione del patrimonio artistico-culturale è anche economica; la produttività va calcolata in quanto capitalizzazione della cultura; ciò fa parte di un orizzonte di civiltà, di identità civica che ci deve permettere di elevare la qualità della vita.

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